Con Scardanelli e Alessandro Romano parla una voce irregolare. Una voce che sopprime la logica del non datur per affrancare « il seme vitreo » del tertium, il luogo ove l’ormai mitica ipostasi della parola spenta, àtona o dilacerata ritorna « incubo sacrale » e si fa inesorabile plenum: «Il simbolo apre alla mente / sempre lo stesso solco ». Fòmite di « oblique passioni » e di un « sicuro florilegio di bellezza », la voce concresce con la « mente » del lettore (né fratello né complice, ma « alter-ego » dello scrittore), ora ironicamente, ora in rapide accensioni liriche, ora « insinuando l’ipotesi del vuoto », ora « smussando quel sedimento di dolore che / genera [in lui] anomalie necessarie ». L’irregolarità di questa voce sta nell’offerta di un riscatto senza pegno alle « miserie » che dànno ordine agli inconsulti affanni delle parole umane; o in un cercar trovando « sempre, / a ogni costo, senza speranza / ma ostinatamente un proprio, / diverso disordine ». Cosí come accade nei luoghi piú ‘impensati’ della città che ospita le irruzioni di Scardanelli, Venezia; come risuona, oltre « ogni penosa libertà », nella musica di Schubert, che in parte forse le « placa », forse le accompagna.
Claudio Cinti
I versi di Alessandro Romano ci trascinano in una dimensione atemporale, quella dell’attimo interminabile in cui il teatro della realtà dischiude il suo sipario su una rivelazione tanto fulminea quanto vertiginosa. Offre lo sfondo principale una straniante Venezia, ma anche una criptestetica Sardegna e una periferia di Mosca « gioiello spoglio dell’ortodossia ».
Scardanelli manovra le quinte con eccentrica abilità; riconoscerete, fra gli altri, Schubert nell’accompagnamento musicale, valenti pittori firmano le scenografie.
Musica, pittura e letteratura si mescolano con naturalezza con gatti, clochard, personaggi forse lunatici ma familiari, scene di vita domestica che custodiscono « il momento buono », meditazioni che inducono « uno stordimento, / non so se doloroso o lieto », in una sorprendente conciliazione di dimensione “verticale” e “orizzontale”, sublime e umano, impeto e dolcezza.
Teresa Zuccaro