Un giovane scrittore colombiano in fuga dalle violenze politiche del suo paese, una “amante perduta” di hitchcockiana memoria, una lettera dal contenuto inconoscibile, una metropoli multietnica attraversata da atroci conflitti come da vivi fermenti culturali, la guerra del Vietnam con le sue vittime e i suoi orrori, i dismessi mattatoi di “Porcopolis”, il fantasma della Ruota Ferris che fu il simbolo della grande Esposizione Universale di fine Ottocento.
Questi sono soltanto alcuni fra i tantissimi elementi che compongono questo libro di Armando Romero, tassello centrale di una trilogia romanzesca a sua volta centrata, o meglio scentrata, sul personaggio di Elipsio, protagonista di avventure anche conoscitive dai molteplici “fuochi” – come ben lascia intendere il nome in cui Romero ha deciso di battezzare il suo mite “eroe pellegrino”.
Sullo sfondo, una Chicago in avanzata fase di riorganizzazione urbanistica-segregazione sociale (è la città dell’autocrate “democratico” Daley, preannunciata dall’acuta sensibilità di scrittori del calibro di Nelson Algren e Richard Wright) e su tutto, o in tutto, la sua straordinaria letteratura – che ne fanno forse la capitale letteraria degli Stati Uniti – e il blues, della quale è la capitale mondiale senza “forse” alcuno.
Sulle note del blues, sull’ampio ventaglio poetico, morale e sentimentale che la musica degli immigrati negri provenienti dal Delta del Mississippi sono scanditi l’intreccio narrativo e le peripezie di Elipsio a Chicago.
Tutto ciò è trasportato dal desiderio del lettore, che non potrà fare a meno di proiettare se stesso all’ascolto della suspense romanzesca e del suo inopinato “scioglimento”.